PAULA HAWKINS, LA RAGAZZA DEL TRENO
“I buchi della vita non si chiudono più. Devi crescere intorno a loro, come le radici che affondano nel cemento, e devi rimodellarti intorno alle crepe”
Rachel lo sa bene. Nonostante i suoi 34 anni la sua vita è piena di crepe, profondi solchi in grado di distruggere la sua anima da un momento all’altro. Rachel è sola. Il suo amato Tom l’ha lasciata e si è rifatto una vita con Anna e la piccola nuova arrivata. Rachel non ha amici. Solo l’alcool le è rimasto fedele: la sua arma a doppio taglio capace di farla stare meglio per qualche secondo e allo stesso tempo farla sprofondare ancora di più giorno dopo giorno.
Jess invece ha una vita da sogno. Una splendida casa con uno splendido marito, Jason. Ma questo è solo ciò che pensa Rachel quando vede i due innamorati dal finestrino del treno che prende ogni mattina per andare a lavoro. Fantasticare sulla loro vita è l’unico svago che ha. Questo fino a quando un mattino vede qualcosa di tremendo. Le molteplici crepe si allargano di colpo e la vita le crolla addosso. L’unica cosa che la faceva star bene si dissolve, scompare, cessa e Rachel non sa più a cosa aggrapparsi.
Una storia violenta, di sofferenza, di dolore; ma anche di rivincita e di speranza. Non è un capolavoro, ma è uno dei pochi libri ad avere il potere di farti dimenticare tutto ciò che ti circonda: ti prende e ti obbliga a sederti accanto a Rachel e a guardare da quel finestrino. È un romanzo che affronta temi doverosi soprattutto in un periodo come questo, in cui la figura della donna, pur nel ventunesimo secolo, è ancora lontana dall’essere equiparata a quella dell’uomo. Un thriller avvincente che non ha bisogno di monumentali colpi di scena. E’ proprio questo il valore che, secondo me, l’autrice riesce ad aggiungere alla storia: talvolta la realtà può essere molto più agghiacciante di un mondo immaginario.
Vittoria Ridolfi
Paula Hawkins, La ragazza del treno, trad. di B.Porteri, Piemme, pp.306, €19.50