Murakami Haruki, L’incolore Tazaki Tsukuru e i suoi anni di pellegrinaggio
Si dice che l’amicizia sia uno dei doni più importanti al mondo. Avere qualcuno di cui fidarsi ciecamente, qualcuno per cui daresti la tua stessa vita è un privilegio che non molti hanno. A Tazaki Tsukuru, però, questo dono è stato tolto. I suoi quattro amici del liceo, con i quali già da anni aveva instaurato un rapporto speciale, quasi magico, lo avevano cacciato dal gruppo senza nessuna spiegazione. Tazaki dunque era rimasto solo. Erano tutti e cinque molto affiatati, si era creata un’armonia solidissima ed ognuno aveva il suo ruolo nel gruppo. Aka, che significa rosso, era quello intelligente ma modesto. Ao, il blu, era quello sportivo e allegro. Kuro, cioè nero, era la ragazza ironica e divertente. Shiro, cioè bianco, era bella, non molto loquace, fragile ed elegante. E infine c’era Tsukuru. Il suo nome, a differenza degli altri non richiamava nessun colore, bensì un verbo: costruire. Coincidenza alquanto curiosa data la sua passione per l’ingegneria e in particolare per le stazioni ferroviarie. Al liceo era un ragazzo nella media. Non bello ma neanche brutto. Andava bene a scuola ma non eccelleva. Era semplice e all’interno gruppo non sapeva nemmeno lui che ruolo avesse.
Nei mesi successivi all’abbandono, Tsukuru visse in uno stato tra la vita e la morte.
Toccato però il fondo del baratro, riuscì a risalire verso la luce e finalmente ricominciò a vivere. Era comunque un’altra persona. Ciò che gli era rimasto era il suo nome e questa grande ferita ancora aperta causata dai quattro amici.
Adesso sono passati ben 16 anni dall’accaduto. Tsukuro è ormai un uomo: vive a Tokyo, ha il suo lavoro e il suo appartamento, ma non è più riuscito a creare un legame così sincero con altre persone come con quei quattro amici. La ferita continua ad essere aperta. E lui si sente sempre più incolore, sempre più vuoto. Deve riuscire a stare bene con se stesso. Deve riuscire a vivere il presente. Deve riuscire a crearsi un futuro. E ci riuscirà soltanto affrontando una volta per tutte il passato.
Un libro del genere è impossibile da riassumere in poche parole. La trama, pur essendo abbastanza semplice affascina il lettore, che è obbligato a farsi certe domande, a guardare dentro di sè, a specchiarsi con il protagonista. Non si può descrivere la potenza emotiva che sprigiona da ogni pagina del romanzo e nemmeno la maestria con cui è scritta ogni parola. L’unica cosa che posso dire è che Murakami Haruki continua a non deludere e a lasciare qualcosa di prezioso dentro ogni lettore.
Vittoria Ridolfi