Luigi Pirandello, Il fu Mattia Pascal
Il romanzo del celebre Luigi Pirandello narra le vicende di Mattia Pascal, bibliotecario comunale in un piccolo paese, chiamato Miragno.
Il padre di Mattia, durante la sua vita, aveva accumulato molte ricchezze con il gioco d’azzardo e così aveva potuto acquistare molte proprietà nel suo paese natale. Alla sua morte, avvenuta quando il protagonista era ancora un bambino, si scopre che ha lasciato in eredità tutta la sua fortuna ad un amico di famiglia, chiamato Malagna, e non al figlio. In seguito alla gestione sconsiderata del capitale da parte di questo ultimo, i soldi pian piano si esauriscono e Mattia, insieme a tutta la sua famiglia, si trovano, così, sommersi da debiti e costretti a vendere tutte le loro proprietà.
Gli anni passano e Mattia cresce, si sposa e inizia una vita coniugale non molto felice, né per lui, né per la moglie Romilda e neppure per la suocera che vive con loro. Al termine di una delle ormai frequenti liti familiari, il protagonista decide di andarsene di casa per andare a tentare la fortuna a Montecarlo, dove si ferma diversi giorni. Al casinò vince una importante somma di denaro con cui potrebbe pagare tutti i debiti e risolvere, così, i suoi problemi. Sul treno, di ritorno a casa, si imbatte in un articolo di giornale che parla della sua presunta morte. I suoi familiari, non avendo sue notizie da tempo, ne avevano denunciato la scomparsa; rinvenuto un cadavere nel fiume del paese, le autorità avevano, per errore, attribuito al defunto, l’identità di Mattia Pascal. Ecco che si presenta l’occasione di cambiare vita, nome, città, e di vivere di rendita con i soldi vinti col gioco d’azzardo, senza legami col passato. Per un periodo, Mattia, che ha assunto ormai l’identità di Adriano Meis, è convinto che, essendosi liberato del suo passato, potrà sfuggire a tutti gli obblighi, raggiungendo una completa libertà. Inizialmente vaga di città in città, senza una meta precisa, ed infine decide di stabilirsi a Roma nella proprietà del signor Pelari, sperando di poter dare inizio ad una nuova esistenza. Col tempo si rende conto, però, che senza documenti, o comunque una identità reale, non può compiere azioni normali e quotidiane, come denunciare un furto o sposare la persona amata, non è libero in realtà di possedere neppure un cane. Non esistere per la società non rende liberi, piuttosto si tratta di una “morte civile” che impedisce di essere riconosciuti, e dunque, partecipi, del proprio tempo.
Si tratta di un romanzo dalla trama originale e assai ben sviluppata. Le prime pagine non sono di immediata comprensione, forse un po’ ostiche, ma presto il lettore si appassiona alla complessa personalità del protagonista, alle sue avventure e al suo tormento interiore. La tematica psicologica occupa gran parte della trama; l’aspirazione alla libertà, senza vincoli sociali, familiari, affettivi, si scontra con il bisogno di riconoscimento nel contesto sociale. Le disavventure di Adriano Meis mi hanno fatto riflettere sul tema della libertà individuale e su cosa sia necessario fare per raggiungerla. Un’esistenza priva di regole, una società totalmente anarchica, secondo me, non rende l’essere umano veramente libero, piuttosto solo e facilmente schiavo del proprio individualismo. Questo testo di Pirandello è da più di un secolo proposto in tutte le scuole d’Italia; effettivamente si tratta di un romanzo fondamentale che aiuta a comprendere la complessità della vita, le sue difficoltà e le sue contraddizioni.
Olga Viggiano