L’incipit della settimana: John Green, Tartarughe all’infinito
Nel periodo in cui ho capito per la prima volta che forse ero una creatura di finzione, passavo i giorni dal lunedì al venerdì in un’istituzione finanziata da denaro pubblico nella zona nord di Indianapolis chiamata White River High School, dove mi veniva richiesto di consumare il pranzo a una certa ora – tra le 12.37 e le 13.14 -da forze tanto più grandi di me che non riuscivo nemmeno a cominciare a identificarle. Se queste forze mi avessero imposto un momento diverso per il pranzo, o se in quel giorno di settembre i compagni di tavolo che mi aiutavano a scegliere il mio destino avessero scelto un argomento di conversazione diverso, avrei incontrato una fine diversa, o quanto meno una diversa metà. Ma stavo iniziando a imparare che la vita è una storia che si racconta di te, non una storia che racconti tu.
Ovvio, tu fai finta di essere l’autore. Devi. Pensi: Adesso decido di andare a pranzo, quando quel bip monotono risuona dall’alto alle 12.37. Ma in verità è la campanella a decidere. Tu credi di essere il pittore, e invece sei la tela.
John Green, Tartarughe all’infinito, traduzione di Beatrice Masini, Rizzoli, 2017, pp. 337, €17.50
Copyright 2017 by John Green
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