L’incipit della settimana: Carlo Greppi, Bruciare la frontiera
Non è che si diventa grandi così, un giorno, perché è scritto sul calendario.
La prima volta che Francesco aveva avuto la netta sensazione di essere grande – di essere qualcosa di compiuto, definito – era stato cinque anni prima, più o meno. Una mattina di quelle con il cielo che promette pioggia, in terza media. L’aria gli arrivava in faccia nonostante il cappuccio e la sciarpa tirata sopra il naso – i guanti no, quelli non li metteva mai perché le mani erano sempre in tasca. Aspettava gli altri davanti a scuola: visto che era quello che abitava più vicino di tutti arrivava sempre un po’ prima e si appollaiava sulla ringhiera. Ricorda il freddo alle dita, ricorda quella sensazione di essere vivo e di avere dei pensieri suoi, ma proprio suoi.
Però un giorno così lo aspetti tutta la vita, in realtà. In quel momento per il resto del mondo – per quel resto del mondo che hai passato gran parte del tempo a combattere, o almeno a evitare – tu incominci a esistere. Il diritto di voto, firmarsi le giustifiche, le cose che ti fanno sentire cresciuto veramente. La patente, anche se la macchina te la potrai permettere se va bene tra quindici anni.
Francesco salta sulla bici e parte, la musica nelle orecchie.
Carlo Greppi, Bruciare la frontiera, Feltrinelli UP, 2018, pp. 176, €13.
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