Khaled Hosseini, Il cacciatore di aquiloni
Due amici inseparabili, quasi un amore fraterno, due ragazzini nati sotto lo stesso tetto, vissuti da sempre insieme. Al centro dell’Afghanistan, a Kabul, in una luminosa giornata di sole, con un aquilone o tra i rami di un melograno, viene presentato un rapporto quasi idilliaco. Ma nulla di ciò che è reale è perfetto. Amir appartiene ad una classe sociale alta, mentre Hassan è una hazara ed è considerato inferiore della società afghana: è il suo servo. E arriverà un avvenimento che causerà interminabili sensi di colpa, terribili sofferenze, che distruggerà anni di amicizia.
Uno dei libri più belli che abbia mai letto. Se inizialmente la lunghezza intimorisce, lo stile di Hosseini non lascia incertezze. Particolarmente coinvolgente è l’alternanza di descrizione ed eventi inaspettati, che crea una fortissima suspense e di conseguenza permette al lettore di entrare letteralmente nel romanzo.
A preoccuparmi era anche la sua crudezza, che mi avevano preannunciato, ma che nel complesso non è stata così traumatizzante come temevo. Queste parti così ben descritte e cruente rendono il lettore consapevole della realtà passata e presente dei paesi mediorientali e permettono di sensibilizzarlo. È un romanzo che tocca infatti corde molto profonde del nostro animo: si tende a calarsi nel personaggio e quindi a vivere queste scene così emozionanti con lui. Mi è capitato di essere felice con Amir, ma anche di piangere sulle pagine più commoventi del romanzo.
Questo è un libro che è stato scritto per ricordare, per imparare, per sognare ad occhi aperti. Stupefacente.
Federica Laneri