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Intervento di Matteo Biagi a “Roma che legge” (2016)

Intervento di Matteo Biagi a “Roma che legge” (2016)

Buonasera a tutti i presenti, spero che mi sentiate bene; ringrazio di cuore Della e l’associazione “Forum del libro” per avermi invitato a partecipare a questa bella e importante iniziativa, di cui ho avuto modo di apprezzare l’ampiezza e la capillarità leggendone il programma. Auguro di cuore buon lavoro a tutti gli insegnanti e a tutti i professionisti coinvolti.

 

Mi presento: sono Matteo Biagi, un insegnante di scuola secondaria di primo grado che vive e lavora a Firenze.

 

Il motivo per cui sono stato invitato risiede nel fatto che negli ultimi anni, a partire dal mio lavoro nelle classi, mi sono occupato molto di promozione della lettura. Del frutto principale di questo lavoro, il blog qualcunoconcuicorrere.org, parlerò più avanti nel corso del mio intervento.

 

A questo proposito voglio premettere sin da ora che il mio discorso – ma non potrebbe essere altrimenti – non si limiterà a delle considerazioni sul panorama editoriale o sulla scelta dei libri, argomenti sui quali comunque mi soffermerò, ma non potrò evidentemente esimermi da considerazioni sparse sulla promozione della lettura a scuola.

 

Iniziamo col dire, senza giri di parole, che considero la promozione della lettura un’emergenza civile e sociale del nostro paese. I dati  ISTAT parlano chiaro: nel 2015 il 58% degli italiani non ha letto neppure un libro e l’OCSE ci pone ai vertici della classifica dell’analfabetismo funzionale. Stabilire una relazione tra i due dati è perfino banale.

 

Tuttavia, chi conosce il mondo della promozione della lettura sa bene che esiste, diffusa sul territorio nazionale, tutta una serie di buone pratiche che ottengono spesso risultati ottimi: ciò che sembra mancare, ma qui il discorso diventerebbe complesso e inaffrontabile in questa sede, è un raccordo e un coordinamento tra di esse.

 

È vero, allo stesso tempo, che mentre le iniziative sono capillari e quasi sempre efficaci per la fascia di lettori fino agli 11 anni, nella fascia successiva, quella dagli 11 ai 18, si incontrano maggiori difficoltà, forse perché i destinatari delle iniziative diventano i diretti protagonisti, e non più i genitori; questo comporta un cambio di modalità e di strategie che non sempre viene compreso: a volte mi è capitato di osservare progetti di promozione per adolescenti condotti con le stesse modalità di quelli per bambini, destinati ad insuccesso sicuro.

 

i soggetti e i luoghi coinvolti nella promozione della lettura sono e devono essere molti: biblioteche, associazioni, librerie, festival: ma non si può e non si deve prescindere dalla scuola. Per mille motivi, ma per uno sopra a tutti gli altri: la scuola, con la sua popolazione di 8 milioni di studenti, è l’unico contesto in cui la promozione della lettura raggiunge tutti, ma proprio tutti: compresi i ragazzi che hanno difficoltà ad accedere alle biblioteche, che tanto meno si comprano i libri in libreria.

 

Pertanto non si può prescindere dalla scuola: e pur incoraggiando e sostenendo il costante rapporto tra scuola, insegnanti e rete di professionisti (bibliotecari, librai, editori) proverò qui a dimostrare come la scuola può – e a mio modesto giudizio deve – diventare essa stessa promotrice della lettura.

 

 

 

La lettura, insieme all’oralità e alla scrittura, è uno dei tre ambiti disciplinari della didattica dell’italiano. Nelle nuove Indicazioni nazionali per il curricolo si legge:

 

“La consuetudine con i libri pone le basi per una pratica di lettura come attività autonoma e personale che duri per tutta la vita. Per questo occorre assicurare le condizioni (biblioteche scolastiche, accesso ai libri, itinerari di ricerca, uso costante sia dei libri che dei nuovi media, ecc.) da cui sorgono bisogni e gusto di esplorazione dei testi scritti. La lettura connessa con lo studio e la lettura più spontanea, legata ad aspetti estetici o emotivi, vanno particolarmente praticate in quanto rispondono a bisogni presenti nella persona.”

 

Chiunque abbia familiarità con la quotidianità della scuola italiana sa che queste indicazioni, che sono chiarissime nella loro formulazione, non sempre sono messe in pratica. Spesso la loro attuazione è nelle mani di alcuni insegnanti volenterosi che vi si dedicano per interesse personale.

 

 

Quando e come si parla di lettura a scuola, in quella che è ancora la maggioranza dei casi? Per quanto riguarda l’insegnamento secondario (mi scuso se mi riferisco esclusivamente a questo ambito ma 1 – è quello che conosco 2- è quello che ne ha più bisogno) i momenti didattici che hanno qualcosa a che vedere con la lettura sono le ore di “narrativa” e di “antologia” alla scuola secondaria di primo grado, e le ore di “Antologia” – al biennio – o di Letteratura – al triennio -nella scuola secondaria.

 

Tutti momenti che sono  – ovviamente – imprescindibili nella programmazione di Italiano, che hanno il pregio di avvicinare gli studenti a testi diversi e di grande valore, ma che hanno un inconveniente – considerati ovviamente dal punto di vista della promozione della lettura: sono legati all’acquisizione di competenze che devono essere misurate e valutate, e quindi accompagnate da “compiti” e  voti. Qualunque studente vi riferirà che il sentimento sviluppato nei confronti di quei testi è spesso di repulsione. Non piace sentircelo dire, a noi insegnanti, ma è così.

 

Quando, poi, alla scuola secondaria di primo grado, siamo chiamati ad adottare un testo di narrativa, ne dobbiamo scegliere uno per tutti: ma i nostri alunni sono tanti, tutti diversi per interessi, sensibilità, per esperienze ed abitudini di lettura. E anche i testi di narrativa, poi, non si sottraggono alla tentazione degli esercizi a fine capitolo.

 

A fine anno, poi, si consegna una bibliografia di letture per l’estate, spesso senza presentare i titoli.

 

So benissimo che in molte scuole a questo si aggiunge l’assegnazione di libri da leggere ogni mese (spesso però con complesse schede analitiche da compilare), qualche puntata nella biblioteca scolastica laddove essa esista, ma vorrei portare la testimonianza che è possibile fare anche qualcosa di diverso.

 

La mia proposta didattica sulla promozione della lettura è quella di dedicare, in classe, almeno un’ora settimanale ai libri, modellata sulle esperienze dei circoli di lettura, rigorosamente svincolata da compiti e valutazioni, e incentrata su tre parole-chiave: personalizzazione, condivisione e coinvolgimento attivo degli studenti.

 

Personalizzazione: nelle nostre classi ci troviamo di fronte 20-25 (se non di più) studenti diversi, ognuno con la propria storia, ognuno con i propri interessi e con le proprie esperienze di lettura, con la propria famiglia alle spalle. Un insegnante, per dirla con un’efficace metafora che ho sentito pronunciare ad Alice Bigli, se vuole porsi l’obiettivo di creare lettori, deve essere una sorta di personal trainer della lettura. Quale personal trainer chiederebbe ad un atleta fuori forma e sovrappeso di affrontare da subito un allenamento durissimo? Fuor di metafora, come posso non proporre libri differenti a lettori differenti?

 

Quindi, dopo un’osservazione iniziale della classe, si pensi ad una lista (ampia) di titoli sui quali lavorare durante tutto l’anno – utilizzando la biblioteca scolastica, oppure (visto che non sempre sono aggiornatissime) utilizzando la quota che le famiglie normalmente destinano al libro di narrativa per comprare ognuno un libro diverso, e poi farli circolare in un bookcrossing di classe). Sui criteri con i quali operare le scelte tornerò tra un attimo. Poi è molto importante una iniziale presentazione efficace dei titoli da parte del docente. Si crea curiosità intorno alla storia, si legge l’incipit, si mostra il booktrailer se esiste, eccetera. Va da sé che l’insegnante non può e non deve “barare”. Deve presentare titoli che conosce, che ha letto e che ritiene efficaci.

 

Dicevo, poi, condivisione e coinvolgimento diretto degli studenti: una volta assegnato un libro a testa e lasciato un congruo tempo di lettura – anche a scuola: volendo si può utilizzare la stessa ora settimanale per la lettura individuale, tempo che può servire al docente per rispondere a domande, chiarire punti complessi, etc, al momento di riassegnare i testi lasciamo che siano gli studenti a consigliare i loro compagni. Si innesca un circuito virtuoso che normalmente dà ottimi frutti.

 

Su questo canovaccio si possono innestare variazioni sul tema come gare di lettura, votazioni del libro del mese, dell’anno ( ai ragazzi piace moltissimo dare voti!). Ultimamente nelle mie classi abbiamo istituito il premio al libro dell’anno. Possono entrare in classifica solo i titoli che sono stati letti da almeno metà classe: dovreste vedere i ragazzi, che desiderano far vincere i “loro” libri del cuore, che promotori infaticabili divengono.

 

Dopo anni di lavoro con questa modalità, posso affermare che, oltre ad ottenere che ogni alunno legga un certo numero di titoli – a determinate condizioni il verbo “leggere” sopporta l’imperativo, eccome, a mio avviso! –  da ogni classe uscirà un certo numero di ragazzi che hanno assimilato questa abitudine a leggere, a parlare di libri, a condividere le emozioni legate alla lettura.

 

Nel nostro caso, la prova di tutto questo è il blog qualcunoconcuicorrere.org.

Nel 2012, al termine del ciclo in cui avevo sperimentato questo metodo, nacque l’idea di prolungare questa esperienza oltre il triennio. Pensammo di costruire uno spazio virtuale in cui continuare a condividere le nostre letture, a consigliarci dei titoli, e di provare ad aprirlo all’esterno.

 

Nacque così qualcunoconcuicorrere.org. Il nome, derivato da Grossman riprende il titolo di uno dei romanzi più amati dai lettori “forti”, ma è anche una metafora – per noi – dell’importanza della lettura nel processo di crescita, e del suo magico potere di accelerarne il cammino.

 

Da subito, grazie ai social, il blog ha ricevuto attenzione da parte di singoli, ma anche di biblioteche, associazioni, blogger, festival e talvolta anche degli autori. Questi riconoscimenti hanno inciso sulla motivazione dei redattori, che hanno iniziato a coinvolgere nuovi amici, anche al di fuori del bacino delle mie classi.

 

Oggi la redazione, composta da venti ragazzi tra i 12 e i 19 anni, pubblica una recensione e un incipit a settimana, e articoli di cinema, musica, interviste.

 

Il 2014 è stato fondamentale nella storia del blog: in primavera abbiamo deciso di andare oltre l’attività sul web e di organizzare appuntamenti pubblici. Abbiamo ideato cicli di incontri (Leggere al tempo dei blog alla Biblioteca di Santa Croce), maratone di lettura (Stelle su carta, dai romanzi di Green, alla libreria LibriLiberi), un ciclo di presentazioni visibili su YouTube (Masterbook, con LibriLiberi Sit’n’Breakfast).

Inoltre, i redattori sono stati chiamati a presentare autori al pubblico (Fukuda e De Fombelle a Mare di Libri, Zorro nella neve di Paola Zannoner a Firenze), a partecipare da ospiti a Festival (Roma, Bellizzi, Bologna)e al Salone del Libro, a convegni (Chiari, Campi Bisenzio).

 

 

Ho chiesto ai redattori di spiegare quale sia, per loro, il valore della partecipazione a questa esperienza. Afferma Vittoria: “Leggere è sempre stata un’azione fondamentale nella mia vita e fin da piccola la vedevo come un qualcosa da fare nella propria intimità. Grazie al Blog e al gruppo ho imparato, però, una nuova parola: la condivisione.

Aggiunge Giulia, appena arrivata: “Sarò strana, perché se devo essere sincera non conosco quasi nessuno degli altri, ma non credo esista nulla di meglio se non un “luogo” dove ognuno può esprimersi ed essere capito da persone che magari non ti hanno mai visto ma, in un certo senso, sono simili a te in maniera strabiliante. Io il mio “posto” l’ho trovato in Qualcunoconcuicorrere. Mi sento a casa, e non penso esistano sensazioni più belle di questa.”

 

 

 

Facciamo un passo indietro. Come scegliere la bibliografia su cui lavorare per tutto l’anno? Non ci sono certo ricette valide in ogni contesto, ma non voglio esimermi da toccare alcune questioni importanti.

 

Classici o contemporanei? La scuola ha il dovere di trasmettere un canone di classici, tanto più quanto ci si avvicina alla secondaria di secondo grado, questo è innegabile. Secondo me è importante affiancare ai classici sia un certo numero di “nuovi classici”, cioè di testi degli ultimi venti anni che si sono guadagnati un certo numero di ristampe, sia di contemporanei, per diversi motivi:

 

I ragazzi devono essere educati all’idea che anche la letteratura contemporanea ha un valore, e che è un loro diritto conoscere grandi autori prima che diventino dei “classici”, spesso dopo la loro morte. Tutti i classici sono stati “novità”, un tempo. Certo, scegliere solo classici è più comodo, perché in qualche misura demandiamo alla fortuna critica dei romanzi la responsabilità della scelta. Ma quando si è insegnanti si è educatori, e quando si è educatori, credo, dobbiamo talvolta compiere delle scelte e metterci la faccia, operando scelte precise che ogni anno consentano di distinguere le migliori novità editoriali da testi il cui valore ci pare più discutibile.

Scegliere dei contemporanei ci consente di conoscere la produzione, spesso di ottimo livello, del panorama editoriale italiano, e di valorizzare il lavoro non solo delle grandi case editrici, ma anche di piccole realtà (penso a Lapis, a Uovonero, a Sinnos, a Bianconero) che ad esempio lavorano molto sull’alta leggibilità – e sappiamo benissimo che il numero di ragazzi con disturbi dell’apprendimento è in crescita costante nelle nostre classi. L’inserimento dei contemporanei giova ai classici stessi, perché quando abbiamo a che fare con “lettori” da costruire, che magari mostrano qualche resistenza e qualche difficoltà ad affrontare i classici, possiamo realizzare per loro dei percorsi che portino i classici e i contemporanei a dialogare tra loro; in questo caso il contemporaneo funge da “mediatore” verso il classico. Un esempio? Per la scuola media, un libro come A.S.S.A.S.S.I.N.A.T.I.O.N  di Sgardoli come ponte verso “Oliver Twist”, “Misha corre” di Jerry Spinelli come ponte per Anna Frank. Per le superiori, invece, mi viene in mente “Città di carta” di John Green come mediatore per “Sulla strada” di Kerouac, “Divergent” o “Hunger games” come tappa verso “1984” o “Fahrenheit 451”.

 

Altri consigli: inserire in bibliografia libri di generi diversi (se vogliamo essere promotori della lettura dobbiamo toglierci di dosso, noi insegnanti, i pregiudizi sui generi: fantasy, giallo, fantascienza ), inserire almeno una graphic novel, che può essere una facilitazione per i lettori meno allenati, ma contemporaneamente educare alla rappresentazione visiva. Inserire libri di difficoltà varia, poiché la qualità non si misura con la difficoltà: esistono libri semplici molto belli.

 

 

Due sono le questioni che vorrei toccare prima di chiudere e lasciare spazio alle domande; la prima è la seguente: Come comportarci con libri dal contenuto “forte”? Scene particolarmente paurose, scene di sesso, temi “disturbanti”: io credo che, nel rispetto delle fasce di età per cui il testo è adatto, non dobbiamo tirarci indietro se riteniamo il libro valido, per paura di rimostranze dei genitori. La carta da giocare è quella della trasparenza: assegnando il libro allo studente, avvisiamo che il libro  contiene scene paurose, di sesso, o potenzialmente disturbanti, aggiungiamo che se abbiamo inserito il libro in bibliografia è perché lo abbiamo ritenuto importante per i motivi che spieghiamo; concludiamo ricordando che lo studente non è affatto obbligato a leggerlo, e in qualunque momento, se lo ritiene, può cambiarlo. Gli stessi criteri li spieghiamo ai genitori in sede di presentazione delle attività a inizio anno.  Finora, in nove anni, non ho mai avuto problemi in tal senso. Spesso i ragazzi  hanno molta più capacità di valutazione e consapevolezza di quanto non si creda. Quando si ha a che fare con libri particolarmente “forti”, poi, è possibile ed auspicabile parlarne, dibattere, confrontarsi, piuttosto che scansare il problema rimuovendone la lettura. Due tra i libri che sono stati più letti nell’ultimo anno nella redazione del blog (fascia biennio, quindi) sono “Bunker diary” e “Niente”, due libri fortemente contestati alla loro uscita. Contestati dagli adulti, che ritengono spesso che la letteratura per ragazzi e giovani adulti debba essere rassicurante, una specie di zona franca nella quale le brutture del mondo non devono trovare cittadinanza, poi i ragazzi li conosci davvero e scopri che loro non hanno nessuna voglia di porsi limiti nella scoperta del mondo, e che si sentono ingannati quando gli adulti, credendo di proteggerli, nascondono loro qualcosa. Su questi libri ci siamo spesso confrontati, riunendoci, parlandone, offrendo ognuno di noi la nostra interpretazione e scoprendo che spesso il quadro non è così cupo come lo si dipinge non conoscendo il testo.

 

L’ultimo spunto che vorrei offrire alla discussione è l’atteggiamento da tenere nei confronti delle letture autonome dei nostri studenti, spesso assidui frequentatori di Wattpad, EFP, e divoratori di Fanfiction. Che i ragazzi scelgano spazi autonomi di informazione/formazione, diversi e lontani da quelli indicati dagli adulti, è fisiologico, sempre avvenuto anche prima dell’avvento delle fanfiction, e persino naturale. Il compito dell’adulto esperto non è quello di giudicare – con un atteggiamento giudicante si traccia spesso un solco profondo nella relazione che è fondamentale nella promozione della lettura – ma semplicemente di intercettare alcune richieste e di proporre alternative. Se l’adolescente è attratto da After non solo perché è l’espressione di uno spazio autonomo, ma anche perché affascinato dalla scoperta della sessualità, non sarà certo un insegnante a impedirgli di leggerlo. Il compito e il dovere di un insegnante promotore della lettura, semmai, è quello di proporgli delle alternative non irraggiungibili al momento (chi è già pronto per classici complessi difficilmente legge “After”) che però mostrino una conoscenza meno superficiale delle dinamiche e presentino modelli meno stereotipati (After, pochi anni dopo le Sfumature sembra tornare sul modello del rapporto affettivo come dipendenza.) Se uno studente ha letto After, gli proponiamo i libri di Aidan Chambers e di John Green, magari Cercando Alaska, che sa accompagnare la scoperta della sessualità con un sorriso, oppure, come suggerisce Vera Salton in un bell’articolo uscito in questi giorni sul blog del coordinamento librerie ragazzi, “posso darti After, e insieme anche Ciao, tu e insegnarti la cura della parola, Terrestre, e insegnarti il potere di sentire le emozioni, Colpa delle stelle e portarti dentro un amore infinito nell’attimo, o un amore paziente come in Pink Lady, o che finisce e tradisce e ti fa svegliare ancora intera come Perchè ci siamo lasciati, inventario di un amore.”

 

Spero di aver offerto qualche spunto utile alla discussione e vi ringrazio.

Matteo Biagi

 

 

 

 

 

 

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