Guido Sgardoli, The frozen boy
Robert Warren è uno studioso che lavora in una stazione scientifica in Groenlandia. È divorziato da sua moglie Susan e suo figlio Jack è morto. Robert è uno dei responsabili dell’invenzione della bomba atomica e ha sulla coscienza, oltre al dolore per la morte di suo figlio, migliaia e migliaia di vite umane. Non sopporta più la sua deludente esistenza e un giorno decide di farla finita. Mentre tutto sembra finito, non sa come, ma vede luccicare qualcosa o qualcuno in una lastra di ghiaccio. È un bambino. Non sa chi è, né da dove viene, non sa nulla di lui: sa solo che può cambiargli la vita…
Il libro è davvero bello. La vita può riservare delle sorprese anche quando niente lascia alcuna speranza. Robert, secondo me, era pronto a uccidersi però voleva e desiderava trovare qualcosa per cui lottare. Infatti ritrova Jim, un po’ per fortuna, ma soprattutto per “quel riflesso che lo incuriosiva e lo teneva ancorato alla vita.”
Quello che accade ai due protagonisti del libro è un fatto molto improbabile, ma proprio per questo dà loro coraggio: capiscono che è la loro seconda possibilità, e probabilmente neanche l’ultima.
“Jim era stato qualcosa che gli era appartenuto. Jim era stata la sua seconda possibilità. Non sempre capita di avere una seconda possibilità nella vita. Ora sapeva che cosa avrebbe fatto del tempo che gli restava, delle occasioni perdute. Immaginare poteva essere un buon punto da cui ripartire”.
Enzo Caleca