Daniel Pennac, L’occhio del lupo
Andate allo zoo, in una giornata qualunque. Camminate un po’. Buttate un occhio distratto agli ippopotami, passate davanti alle giraffe, fermatevi di fronte alla gabbia dei lupi. Osservate.
Sì, sono loro. Curioso, vero? Un ragazzo ed un lupo, separati dalle sbarre, che si fissano con un occhio solo.
Per arrivare a comprendere questa immagine nella sua interezza siamo costretti a lasciare le viuzze familiari dello zoo e ripartire dai caldi meandri dell’Africa, attraversare il rovente continente passo dopo passo e seguire le orme di un giovane ragazzo il cui nome ricorda quello del suolo natio. Giunti finalmente in un luogo sicuro, dopo mille peripezie, ci ritroviamo a fronteggiare un vecchio lupo guercio, forzatamente trasportato in un mondo che lo terrorizza a tal punto da spingerlo a tenere un occhio chiuso nel tentativo di separarsi dalla sua crudeltà. Arriva dall’altra parte del mondo, dalla gelida Alaska, ed ha una storia incredibile da raccontare. Ed il bambino, Africa, vuole comprenderlo. Allora abbassa anche lui una palpebra e si siede lì, mentre entrambi osservano la vita, l’uno nella pupilla dell’altro.
Fate silenzio.
Mai un incontro è stato raccontato con dita altrettanto delicate. Pennac dipinge per il lettore un meraviglioso scambio di vissuto e di emozioni grazie ad un perfetto connubio tra parole ed immagini, una silenziosa comunione tra uomo ed animale che non sono più dissimili, non sono più lupo e bambino, ma solo due storie che si incontrano, due anime in evoluzione. Due iridi che ci trasportano attraverso nuove strade che mai avremmo pensato di percorrere, strade impolverate sotto il sole cocente, strade di caccia, strade innevate ed imbrattate di sangue, strade da abbandonare ed altre, invece, da intraprendere volentieri. Ed il lettore non può far altro che mettere un piede davanti all’altro, una zampa di fronte all’altra, e seguirli. Ed infine, questa rete interminabile di corse e passi lo trascina davanti alla gabbia di uno zoo, dove riscopre il significato intrinseco e bellissimo della fiducia, in tutte le sue sfaccettature. Il mondo non è orribile. C’è speranza. Cerchiamola.
Ed è questo che li spinge – ci spinge – ad aprire, finalmente, gli occhi.
Sarah Ferraiolo
Daniel Pennac, L’occhio del lupo, trad. di Donatella Ziliotto, Salani
Mio figlio Federico lo ha letto da solo a 8 anni. Quello che mi ricordo è che, per la prima volta da quando aveva iniziato a leggere, al termine della sua lettura è entrato nella mia camera, ha appoggiato solennemente il libro sul mio comodino e ha sentenziato “mamma devi leggerlo” senza sapere che lo avevo letto prima di lui. In questa sua frase imperativa c’era tutta la bellezza che lui aveva colto in quelle pagine. Rimane un libro a noi molto caro.