L’incipit della settimana: Jerry Spinelli, Particelle atomiche
Quando avevo cinque o sei anni, nella casa accanto alla mia abitava un ragazzo delle superiori. Si chiamava Jim ed era fissato con la scienza. Vinse la fiera della scienza della contea per due anni di fila e poi andò al MIT.
Penso che ora lavori per la NASA. Jim non faceva che trafficare nel seminterrato. Quanto a me, ero il benvenuto, persino incoraggiato ad andare a trovarlo ogni volta che volevo. Restavo seduto per ore su uno sgabello alto, e lo guardavo. Credo che gli piacesse avere un pubblico devoto.
Jim aveva costruito una radio a onde corte che ascoltavamo entrambi. Era quasi svenuto quando aveva sentito per la prima volta le voci stridenti che arrivavano dal Pacifico meridionale, ma io ero troppo giovane per stupirmi. Masticava di continuo caramelle durissime, gigantesche, spaccamascelle, e quando non le faceva schioccare fra i denti continuava a elencare borbottando tutto quel che stava facendo, come un presentatore sportivo che descrive una partita. “E ora Jim salda il cavetto al come-sichiama…” Soprattutto, però, non vedevo l’ora che Jim dicesse “Uau!”. Lo diceva ogni volta che qualcosa lo coglieva alla sprovvista o lo stupiva. Non capitava spesso, sì e no un paio di “Uau!” alla settimana. Appena lo sentivo, saltavo giù dallo sgabello e correvo a chiedergli: “Che c’è, Jim?”. E lui me lo spiegava e, anche se non capivo proprio tutto, mentre assorbivo il suo stupore provavo ugualmente qualcosa, una specie di frìzzolo dietro le orecchie.
Finché un giorno toccò anche a me provare uno stupore tutto mio.
Jerry Spinelli, Particelle atomiche, traduzione dall’inglese di Angela Ragusa, Mondadori 2022, pp.224, €16 (ebook €8,99)