Viola Ardone, Il treno dei bambini
Siamo nel 1946 a Napoli, una città dove la guerra da poco finita ha lasciato una scia di povertà e degrado. Proprio in questa città, in questi anni, vive Amerigo, un bambino che come tanti altri del suo periodo si era adattato alla dura e instabile vita che erano destinati a vivere. Gli svaghi e i giochi sono pochi, poche come le speranze e le ambizioni; il gioco preferito di Amerigo è il gioco delle scarpe: camminando per strada osservava le scarpe dei passanti e per ogni paio di scarpe buone segnava un punto, per un paio di scarpe rotte ne perdeva uno: a 10 punti sarebbe successa una cosa bella e Amerigo ancora la aspettava.
L’unica cosa che Amerigo desiderava erano un paio di scarpe, non troppo grandi ne troppo piccole, della sua misura, che non gli ferissero i piedi. A salvarlo da tutta quella miseria ci penserà un progetto del Partito Comunista che mirava a allontanare centinaia di bambini dalla povertà del Sud Italia portandoli al Nord per un anno. Durante la sua permanenza a Modena stringe in forte legame con la sua nuova famiglia e scopre un talento nella musica. Tuttavia al suo ritorno a Napoli il confronto con la madre sarà duro e Amerigo cercherà disperatamente di ricostruite questa profonda spaccatura familiare.
Uno spaccato di realtà difficile da immaginare e poco conosciuto: una Napoli distrutta dalla miseria e dalla povertà. “Il treno dei Bambini” è, a mio parere, davvero una bella storia, credibile, vera e a tratti surreale. Viola Ardone porta i lettori in una realtà quasi sconosciuta, attraverso un libro tanto scorrevole nella forma quanto profondo e sincero nei contenuti: una lettura veramente consigliata.
Andrea Lazzerini Carri
Viola Ardone, Il treno dei bambini, Einaudi, 2019, pp.248, €17.50 (ebook 8,99)
Un altro punto di vista, analitico, sul “metodo” con cui è stato scritto “Il treno dei bambini”: https://giorinaldi.files.wordpress.com/2022/01/il-treno-dei-bambini-dossier-rinaldi.pdf