Shifra Horn, Scorpion dance
Orion, figlio di una vittima sionista della Guerra Dei Sei giorni, vive nel quartiere di Old Katamon a Gerusalemme insieme a sua madre, insegnante di scienze, e a sua nonna paterna Johanna; reduce tedesca del secondo conflitto mondiale internata nel campo di lavoro forzato di Ravensbruck. Nel corso della sua vita viene abbandonato anche dalla madre, che vola in Australia insieme al suo nuovo fidanzato, e accudito dalla sola nonna che gli trasmette un’estrema percezione sensoriale e gli dona la visione di una realtà a metà per cui per ogni parola detta altri misteri vengono taciuti. L’amore che prova per la sua “basherte”, figura parallela a quella della nonna, lo porterà a togliere il ‘velo di Maya’ sulla sua vita…
E’ un romanzo in cui ogni personaggio, nel suo nome e nel suo modo di essere, ogni luogo e ogni oggetto non sono frutto di una scelta casuale, bensì vanno interpretati come fondamenta e riferimenti simbolici essenziali per la comprensione del libro. La costante sinestesia di tutti e cinque i sensi riesce a trasportare emotivamente e calare il lettore nella struttura allegorica voluta dall’autore. Inoltre il contesto geo-storico nel quale è inserito il romanzo è metafora della precarietà della vita, dei ricordi e delle emozioni. Una tavolozza di odori, colori, sapori che non è semplicemente il profilo a una storia aggrovigliata come un glicine giapponese in cui le radici, seppur importanti e fondamentali devono essere recise per avere un respiro proprio. Una vita da vivere liberamente con un po’ di amaro in bocca, ma con la voglia di andare avanti. Un romanzo pungente come la danza di uno scorpione.
“Convinzioni avvizzite, abitudini radicate, pregiudizi, promesse scadute, amori mancati, desideri sterili, sensi di colpa, rimorsi di coscienza – i minuscoli campioni della mia vita. Il fardello delle memorie di cui non ho più bisogno evapora”
Enzo Caleca
Shifra Horn, Scorpion Dance, traduzione di Silvia Castoldi, 2016, Fazi, pp. 425, €18,50 (ebook €9,99)