David Grossman, Che tu sia per me il coltello
Che tu sia per me il coltello non può essere descritto, ma allo stesso tempo risulta impossibile non parlarne; con quali parole? Come raccontare i pensieri più intimi di Yair e Myriam, che poi diventano i pensieri più profondi di tutti noi? Yair vuole un coltello che si faccia strade nelle vie più nascoste della sua anima, e ha scelto Myriam, una perfetta sconosciuta per lui, nella quale però ha visto qualcosa che lo ha spinto a cercarla e mostrarle se stesso semplicemente scrivendole delle lettere: una relazione basata esclusivamente sulle parole che però diventano più forti di qualsiasi altra cosa, perché nascono dai pensieri più profondi di entrambi. “Saremo come un’immagine su un libro di scienze: un frutto tagliato a metà, tu la buccia e io il torsolo”: Yair ha bisogno della buccia che protegga il suo animo marcio, vorrebbe essere un parafulmine ma non riesce a restare in equilibrio perché il mondo che lo sovrasta é troppo pesante. I pensieri di Yair si fondono indissolubilmente con i nostri, creando una rete di parole scritte o solo pensate, che ci mettono a nudo, esponendo noi stessi a sentimenti che non sapevamo neanche di provare, ci mostrano la parte celata del nostro animo, che preferiamo nascondere dietro maschere false. “Che tu sia per me il coltello” ci spoglia, ci lascia nudi con i nostri pensieri più profondi, ci lancia addosso la sofferenza che non vorremmo ammettere di fronte a nessuno, ma insegna anche ad amare, incondizionatamente, senza una ragione, solo per il desiderio di donare la propria anima ad una persona e fidarsi completamente di questa, senza nessuna garanzia; amare per poter piangere con le lacrime di un altro, per non accontentarsi della propria sofferenza, ma cercare il male altrui e condividere il dolore, “per aiutarci l’un l’altro a essere tutto quello e tutti coloro che siamo”.
Emma Mazzanti