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Scrivere è la più bella scatola dei lego che mi hanno regalato: conversazione con Cristiano Cavina

Scrivere è la più bella scatola dei lego che mi hanno regalato: conversazione con Cristiano Cavina

Come nasce l’idea del libro?

 

Sai che è un misto di cose. Io di solito non ambiento mai i miei romanzi nel mare, di solito sono ambientati nel mio paesino in Romagna. Una settimana prima di scrivere Pinna morsicata, che non sapevo di scrivere, ho fatto un incontro a Cervia, e alla fine dell’incontro un signore si è avvicinato e mi ha raccontato che alla fine della guerra un delfino era rimasto imprigionato in una rete di pescatori e aveva vissuto un po’ nel porto canale di Cervia. Questa era la storia. Una settimana dopo mentre tenevo d’occhio Giovanni, che è mio figlio, che giocava con i suoi amici, sto sempre attento che praticamente non s’ammazzino, fanno questi giochi tipo Parkour… Ho immaginato un delfino che attraversava il mare, l’unica cosa particolare era che il delfino aveva un morso di squalo sulla pinna. Forse quel delfino era quello di cui mi parlava quel signore, non lo so, mi è venuto in mente così.

Poi in realtà so anche che l’ho scritto perché in quel periodo mi sentivo un po’ pinna morsicata, avevo combinato anch’io un disastro con il mio clan, e mi ero ritrovato un po’ triste e solo a vagare nel mio caso per la Romagna. Quindi raccontando del morso di Pinna morsicata, raccontavo del mio morso, del morso che penso che tutti noi abbiamo. Tutti noi abbiamo qualcosa che ogni tanto ci rende un po’ tristi e abbattuti, ci fa sentire  sia speciali ma anche diversi.

Il libro è nato così per caso.

Io non sapevo niente di delfini. Gli unici pesci che conoscevo erano i cavedani del fiume.

 

Perché ha deciso di dedicarsi alla scrittura?

 

In realtà non l’ho deciso, io volevo fare altro nella vita. Quando avevo la tua età io ero destinato a diventare minimo cardinale.

Uno dei morsi di squalo della mia vita è che io sono cresciuto senza babbo, quindi io ho sempre vissuto con mia mamma e i miei nonni, e soprattutto mia nonna che era una persona molto religiosa, parlava molto con il crocifisso mia nonna, io sono stato cresciuto per diventare il primo papa di Casola Valsenio, solo che a 13 anni sono stato espulso dalla messa, perché ho fatto a botte con gli altri chierichetti e quindi ho scoperto che non sarei diventato papa, e dopo ho provato a diventare rock star.

A 13 anni mi hanno regalato una chitarra, e ancora prima di iniziare a suonare, di imparare un accordo, ho fondato un gruppo con i miei amici, perché volevamo diventare famosi, delle rock star, e ho suonato per cinque anni. Poi dopo ho smesso perché lavoravo nel bar di mio zio, dovevo andare a scuola, non avevo molto tempo per fare i concerti, però il pomeriggio non andando a fare le prove mi annoiavo un po’. Avevo bisogno di far qualcosa, e così un giorno, c’era una macchina da scrivere in casa, perché mia mamma aveva battuto dei documenti, mia mamma era portalettere, ho infilato un foglio per veder com’era, perché a me comunque piaceva leggere, mi è sempre piaciuto, e a un certo punto ho detto: “Vabbè, provo a scriverne uno io.”

A diciotto anni ho scritto il mio primo libro che faceva schifo, era un romanzo giallo, un thriller ambientato nel mio paese.

Ho iniziato così, ho scritto sei o sette thriller, solo che alla fine avevo ucciso tutti gli abitanti del mio paese. Il mio paese ha 2800 abitanti.

Ha continuato a piacermi, sono stato fortunato e il mio nono libro che ho scritto è stato letto dai tipi di Marcos y Marcos, da quella signora che è lì, e che si chiama Claudia, le è piaciuto molto. Si chiamava Alla grande, ha pubblicato il libro, e d’allora ho continuato a scrivere perché evidentemente, non ero così malaccio, adesso non so se sono tanto bravo. Io continuo, mi diverto insomma. Però era la mia passione, fa’ conto che per me scrivere e la più bella scatola dei lego che mi hanno regalato, solo che non c’è il foglietto per le istruzioni. Quindi devo inventarmi cosa costruire però quel tipo di piacere lì, non è che l’ho deciso, mi piaceva e sono stato fortunato a continuare a scrivere finché non ho imparato più o meno come si fa.

 

Pinna morsicata è un inno all’amicizia, vuol dirci che gli amici più sono diversi più si completano?

 

Io penso che i libri appartengono a chi li legge e non a chi li scrive, e molte volte il significato dei libri lo mettono i lettori. Sinceramente mentre scrivevo Pinna morsicata non pensavo al tema, ovvero lui parla con Spigolo perché mi serve per far capire. Io semplicemente raccontavo una storia. Però è anche quello. Spigolo assomiglia molto al mio migliore amico, che non sta mai zitto, nella realtà non si chiama Spigolo, si chiama Lasi, cioè ha un nome, però il suo nome è il soprannome. E a volte mi fa diventare scemo perché non lo sopporto, però quando non c’è mi manca tantissimo. Quindi immagino di si, che voglia dire anche quello.

Però sai a volte mi parlano dei miei libri, e anche di Pinna morsicata, e mi dicono: “a che bella quella pagina, si vede che volevi far capire quanto è importante…”, io dico ma no, volevo solo raccontare una storia.

Ma il bello dei libri, lo dico da lettore, non da uno che li scrive, è che noi lettori mettiamo nei libri le cose della nostra vita e troviamo le cose che ci servono in quel momento se il libro è giusto.

Quindi si vuol dire anche quello, insieme ad altre cose.

 

Anche se i personaggi provano sentimenti molto umani, in questo libro il mondo del mare appare descritto molto accuratamente. Ha fatto delle ricerche?

Sì, sai è una parte molto bella dello scrivere, non mi capita spesso però di dover far ricerca, perché il più delle volte i libri che scrivo raccontano cose della mia vita, che bene o male ho vissuto o ho viste accadere, però io non ho mai vissuto nell’oceano quindi dovevo documentarmi, ed è stato molto bello scoprire un sacco di cose. La prima è che dimentichiamo spesso di quanto pesa l’acqua, l’acqua pesa tantissimo. Ogni dieci metri pesa un cielo, e questa cosa mentre scrivevo la sentivo, mi incuriosiva. Mi sono informato sulla vita dei delfini e ho scoperto che quelli che noi chiamiamo delfini in realtà non sono delfini, quelli che vediamo nei film tipo Flipper, o negli acquari, quelli sono tursiopi, e sono cugini dei delfini. Ho scoperto tutto questo mondo dei mammiferi marini, tutte le specie di delfini, di balene. Sì, mi sono documentato, soprattutto per raccontare come funziona la lingua dei delfini, come producono i loro clic. Io, pensavo che schioccassero la lingua, invece hanno delle sacche d’aria apposta, che fanno passare a pressione e fanno vibrare un osso che hanno nel cranio. Ho studiato più adesso che non dovrei studiare. Diciamo che a me piaceva molto studiare soprattutto italiano e storia, nelle materie tecniche a volte ero un po’…, insomma non andavo molto bene. Però adesso mi piace molto studiare, devo esser fatto al contrario probabilmente.Sì, mi sono informato, non mi piacciono i libri che non sono precisi. In buona parte dei libri che amo leggere anche di consumo, di Ken Follett, ho visto che i grandi scrittori sono molto precisi nel raccontare le cose e quindi mi sembra il minimo da fare.

 

Quanto si è divertito anche linguisticamente a scrivere questo libro, per tutte le invenzioni linguistiche che ci sono nel tradurre i sentimenti umani nel mondo del mare?

Una delle parti belle dello scrivere ma che accade anche quando si legge è la creazione del mondo.

Inventare che tutti i pesci avessero il loro linguaggio, e anche il modo in cui lo scrivevo era molto divertente. Ci sono delle parti in cui mi sono commosso mente lo scrivevo, perché il cuore spezzato di Pinna morsicata era un po’ il mio cuore spezzato, però è stato anche molto divertente inventare tutto il mondo che c’è intorno.

Una parte che mi sono divertito molto a scrivere è stata quella dove invento le parolacce dei pesci, e infatti dopo andavo da Giovanni e i suoi amici e chiedevo conferma, e dicevo: non sarebbe bello se i pesci dicessero “vaffancoda?”, o “mi hai rotto le pinne” , e loro mi dicevano:  “Ma sì non male.

È questa dell’invenzione una delle parti belle, e vale anche come lettore.

Quando leggo Harry Potter, oltre alla trama, quello che mi piace è la possibilità della reinvenzione di un mondo. Tutti noi siamo andati a scuola, e rivedere una scuola in cui ti insegnano la magia, ti aiuta a crearti quel mondo. È forse la parte più potente di Pinna morsicata è stata proprio quella di reinventare un mondo che tutti più o meno abbiamo visto e conosciamo.

 

 

(La conversazione è avvenuta in occasione della consegna del Premio Laura Orvieto, al Gabinetto Vieusseux di Firenze, il 20.11. Grazie al Gabinetto Vieusseux per la foto e a Agata Diakoviez per la trascrizione).

 

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