L’incipit della settimana: Christophe Léon, La ballata di Jordan e Lucie
La sveglia suona. Cado. Cado. Cado. Apro gli occhi. La camera è avvolta nell’oscurità. Ieri sera avevo tirato le tende prima di andare a letto. Cado. Cado. Cado. Ho la sgradevole sensazione di una caduta che non finisce mai. Questo sogno non mi abbandona. Devo fare uno sforzo per uscirne. Mi metto seduta e mi sfrego gli occhi con i pugni.
Il Post-it è incollato sulla porta del frigo. Due parole da parte di mia madre: “La colazione è sul tavolo in sala da pranzo. Buona giornata, tesoro”. In basso a sinistra il disegno infantile di un cuoricino.
Sul tavolo: una scatola di cereali al miele, un cartone di latte a lunga conservazione nuovo, un barattolo di Nutella e del pane avvolto in uno strofinaccio pulito.
Tic-tac. Tic-tac. Tic-tac. La comtoise, il vecchio orologio a pendolo, sgrana i secondi. Mi fa pensare all’orologio di Alice nel paese delle meraviglie. Mi aspetto sempre che si animi e mi rivolga la parola. È un’amica.
Quando ero piccola, mi piaceva ricaricarla.
Fermare il bilanciere nella sua corsa, arrampicarmi su una sedia mentre le mani di mio padre mi stringevano in vita per tenermi in equilibrio. Giravo la grossa chiave e il peso si alzava a scatti.
Con i denti strappo un angolo del cartone del latte. Ne verso un po’ nella tazza. A differenza di mio papà, preferisco mettere i cereali dopo. Mi piace vederli galleggiare. E poi restano croccanti più a lungo.
Tic-tac. Tic-tac. Tic-tac. Mangio. Mastico. Mando giù. Ho preparato ieri lo zaino. L’ho appoggiato in entrata. Mangio. Mastico. Mando giù. Il latte è a temperatura ambiente. È un po’ disgustoso.
Tic-tac. Tic-tac. Tic-tac. Ho finito. Mi asciugo la bocca con la salvietta. La arrotolo e la infilo nel portatovagliolo. Ognuno ha il suo. Sul mio è pirografato un cerbiatto. Su quello della mamma c’è un cavallo. A mio padre è toccato un cervo.
Tiro indietro la sedia. Lascio le pantofole sotto al tavolo. Le ritroverò nello stesso posto quando rientrerò da scuola stasera.
Tic-tac. Tic-tac. Tic-tac. Lancio un’occhiata all’orologio: sette e venti. È ora.