L’incipit della settimana: Stefania Bertola, Solo Flora
Ecco Flora, seduta in treno, di pessimo umore, e anche un po’ spaventata.
È partita da Genova Principe alle 10.30, arriverà a Torino Porta Nuova alle 12.30. Adesso sono le 12.20, mancano dieci minuti alla fine della sua vita normale.
A quindici anni non è facile scegliere fra vita normale in Australia e vita che non ha niente di normale in un paesino vicino a Chivasso, Piemonte. Flora è stata incerta per settimane. Incerta, e arrabbiata. Perché non poteva restare a Genova? Perché lei e la mamma non potevano restare a Genova, dove lei è nata e dove hanno sempre vissuto, e dove lei va a scuola, e ha tutti gli amici, e dove c’è il mare, la focaccia, sua cugina Brigida e le Scalette dove si trovano il sabato sera?
“Perché mi hanno offerto di trasferirmi per un anno a Brisbane, con uno stipendio strepitoso. Anche lì c’è il mare, comunque.”
“Potevi chiedermi, prima di accettare. Io non conto niente?”
“A che sarebbe servito? Lo sapevo già che non eri d’accordo. Ma è solo un anno, Flora. Trecentosessantacinque giorni. Passano, volano.”
“Sì, adesso dici così, ma poi una volta là… che ne so che non vorrai restarci per sempre?”
“Ti sembro scema, forse? Ti sembro una che vuole passare il resto della sua vita a Brisbane? È un contratto a progetto. Dura un anno. Fine. Poi si torna. Dai. Non sei neanche un po’ curiosa di un altro mondo?”
No, Flora non è curiosa di un altro mondo. L’unico mondo che le interessa è esattamente quello in cui vive: Genova, e al limite Torino, dove abita Leo, il suo ragazzo. A due ore di treno.
“Dovrei stare un anno senza vedere Leo.”